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Mary Ainsworth: concetto di sensibilità materna

Il concetto di sensibilità materna è stato introdotto e sviluppato da Mary Ainsworth. Secondo la psicologa canadese, le madri rispondono in modo diverso ai propri bambini a seconda del grado di sensibilità che nutrono nei confronti dei loro bisogni.

Da questo punto di vista, possiamo distinguere quattro tipi o stili di sensibilità materna: sensibile, non disponibile, ipervigilante e ambigua. Ognuna di queste risposte e modalità di relazione genera a sua volta un diverso stile di attaccamento da parte del bambino nei confronti della madre.

– Madre sensibile, la principale forma di sensibilità materna

La Ainsworth definisce la sensibilità materna come la capacità della madre di interpretare e comprendere tre aspetti della vita del bambino.

Il primo è costituito dalla comunicazione non verbale, un canale che durante i primi anni è molto importante. Il secondo include gli stati emotivi del bambino. E il terzo è costituito dal rispetto dei tempi del dialogo e del silenzio che il figlio esige.

Quando la sensibilità materna opera nel modo più consono, la madre è sensibile. In questo caso la donna è in grado di cogliere la maggior parte delle emozioni del figlio e le interpreta in modo appropriato. Allo stesso modo, è in grado di regolare il flusso delle interazioni, ovvero l’alternanza tra dialogo e silenzio.

– Madre non disponibile

Un altro stile di sensibilità materna è la “madre non disponibile”. La madre in questo caso si mostra più riluttante a soddisfare i bisogni del figlio. Di solito si manifesta come una minimizzazione degli affetti negativi del bambino.

È il tipo di madre che dice che suo figlio piange solo per capriccio, prova rancore e risentimento e si innervosisce facilmente. Rimprovera molto spesso il bambino e minaccia di usare la forza fisica per ottenere obbedienza.

Cerca in tutti i modi di mantenere il controllo e crede che debba essere il bambino a doversi adattare a lei, sebbene sia il nuovo arrivato. In genere si mostra inflessibile e ricorre all’umiliazione per farsi ascoltare e ubbidire.

Nonostante ciò, fa di tutto per trasmettere agli altri un’immagine di madre modello. Una volta cresciuti, i figli presenteranno tratti antisociali, saranno inclini al narcisismo e alle dipendenze.

– Madre ipervigilante

Le madri ipervigilanti rispondono in modo inadeguato alle emozioni negative del bambino. Si lasciano prendere facilmente dall’angoscia o dall’ansia del bambino, irritandosi e innervosendosi.

La donna reagisce secondo il proprio stato d’animo. Se è di cattivo umore, critica il piccolo perché piange o si arrabbia. Il dialogo che instaura con il figlio è minimo, così come il contatto fisico.

Questo tipo di sensibilità materna provoca rigidità e mania del controllo. La maternità risulta angosciante per la donna che compensa il disagio provato con un’eccessiva preoccupazione nei confronti del bambino, esercitando così una iperprotezione asfissiante.

Un simile legame genera bambini ansiosi, che saranno di cattivo umore senza motivo apparente, si sentiranno inferiori e saranno molto sensibili alle critiche altrui.

– Madre ambigua

Tra gli stili di sensibilità materna, la madre ambigue appare come una figura minacciosa e protettiva allo tempo stesso. Si tratta di una donna che ha provato e prova molto dolore.

La sua ambiguità nei confronti del bambino non è moderata, ma estrema e va dalle carezze ai comportamenti violenti. Questa madre ama e maltratta al tempo stesso.

Non mostra una condotta coerente, poiché i gesti di affetto e minaccia avvengono in modo casuale. Può proteggere per lunghi periodi, salvo poi diventare instabile e minacciosa.

In genere, si tratta di una persona che non ha sanato le sue ferite infantili e che per questo motivo instaurano un legame di dipendenza tossica con i figli. Genera confusione e instabilità spesso impartendo un’educazione che favorisce condotte rischiose.

Tratto da: Manuale di Psicologia dello sviluppo, di Astolfi e Barani

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La terapia relazionale emotiva di Albert Ellis

Nell’ambito dei lavori del filone cognitivo-sociale, troviamo lo studioso Albert Ellis, originariamente di formazione psicoanalitica, distaccatosi poi da questo approccio per fondare un sistema terapeutico di cambiamento della personalità noto come Terapia razionale emotiva comportamentale (REBT, rationale, emotive, behaviour therapy). Il lavoro di Ellis sul disagio psicologico e sul suo trattamento si basa su due tesi. La prima sostiene che le persone non reagiscono emotivamente agli eventi del mondo, ma alle credenze relative a questi eventi. Ellis esprime la sua idea e suggerisce l’ABC della sua teoria. Un evento attivante (A) può indurre una conseguenza (C) sotto forma di reazione emotiva. Tra A e C ci sono delle “credenze” (Beliefs, B), che sono relative all’evento A e determinano in larga misura la nostra reazione all’evento stesso.

La seconda tesi di Ellis si basa sull’idea che le credenze o convinzioni siano irrazionali, e siano la causa di difficoltà psicologiche (es. le convinzioni di dover fare qualcosa, di dover provare certi sentimenti e l’idea che le altre persone debbano sempre trattarci in un certo modo).

I terapeuti cognitivisti spesso distinguono tra diverse modalità di pensiero che risultano disadattive, queste distinzioni non sono molto importanti, tuttavia, elencarne alcune può dare l’idea del tipo di pensieri negativi che Ellis e altri terapeuti cognitivisti intendono modificare con la terapia: ragionamento errato, aspettative disfunzionali, concezione negativa di sé, attribuzioni disadattive, distorsione del passato, attenzione disadattiva, strategie di autodenigrazione.

Le tecniche terapeutiche di Ellis sono state create per indurre i clienti a riflettere sui propri pensieri. I terapeuti che adottano l’approccio razionale emotivo cercano di rendere le persone consapevoli dell’irrazionalità dei loro pensieri, e di indurli a sostituirli con pensieri pacati e razionali. A questo scopo, impiegano diverse tecniche, come l’argomentazione logica, la persuasone, il senso del ridicolo e dell’umorismo, nel tentativo di modificare le credenze irrazionali che causano lo stress psicologico.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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Il modello “CAPS” di W. Mischel e Y. Shoda.

Nell’ambito della teoria cognitivo-sociale si pone enfasi sull’idea che la personalità debba essere intesa come un sistema. Per sistema si intende generalmente un insieme composto da diverse parti che interagiscono tra loro. Il comportamento del sistema rispecchia non solo le parti singole, ma il modo in cui le parti sono interconnesse. La teoria cognitivo-sociale pone l’accento sul fatto che le conoscenze e le emozioni interagiscono tra loro in maniera organizzata. Una concezione sistemica della struttura è stata articolata da Mischel e Shoda (2008). I due autori hanno proposto un modello basato su un sistema di elaborazione cognitivo-emotivo (CAPS, cognitive-affective processing system). Il modello CAPS presenta tre caratteristiche essenziali.

In primo luogo le variabili cognitive ed emotive sono collegate in maniera complessa le une alle altre. Non è vero che le persone hanno semplicemente un obiettivo, un livello di competenza, una particolare aspettativa, e certi standard di valutazione e reazioni di autovalutazione. Al contrario, questo sistema della personalità mette in risalto le emozioni e le conoscenze, e le interrelazioni tra loro. I pensieri circa i propri obiettivi possono sollecitare riflessioni sull’abilità, che a loro volta solleciteranno pensieri circa l’autoefficacia, e tutto questo può influenzare le emozioni e le autovalutazioni.

La seconda caratteristica fondamentale del modello CAPS riguarda l’ambiente sociale. I diversi aspetti delle situazioni sociali, o “caratteristiche situazionali”, attivano vari sottoinsiemi del sistema generale della personalità.

La terza caratteristica deriva dalla seconda. Se le diverse caratteristiche situazionali attivano parti diverse del sistema generale della personalità, allora il comportamento delle persone dovrebbe variare in base alla situazione, attivando pattern completamente differenti di emozione e di azione.

Benché il sistema della personalità individuale sia stabile, le esperienze e le azioni dell’individuo dovrebbero comunque cambiare in base alla situazione, con l’attivazione dei diversi sottoinsiemi del sistema generale della personalità. Questa è forse la qualità più distintiva del modello CAPS secondo il quale Quindi una persona si comporta in maniera ragionevolmente coerente all’interno di gruppi specifici di situazioni, ma in modo differente tra gruppi di situazioni. Fare una media del comportamento nelle varie situazioni porterebbe a mascherare tali pattern distintivi di relazione tra comportamento e situazione.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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A. Bandura: l’esperimento del “bobo doll”

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Walter Mischel : il test dei marshmellow

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Gli schemi di “sé” di Hazel Markus

La riflessione sul sé fa parte della natura umana. Le persone non interagiscono semplicemente con il mondo. Riflettono sulle loro stesse interazioni e, nel far ciò, sviluppano delle convinzioni relative al sé. Le convinzioni relative al sé sono fondamentali nel funzionamento della personalità. Un’ampia gamma di fenomeni (emozioni, motivazioni, il flusso dei pensieri che compongono la nostra vita mentale) è influenzata dalle idee che abbiamo su noi stessi. Gli eventi stimolano reazioni emotive e diventano fonte di motivazione quando sono considerati rilevanti rispetto al nostro senso del sé. Gli schemi di sé sono strutture conoscitive che noi utilizziamo per mettere ordine in quella che altrimenti risulterebbe essere una massa caotica di stimoli, quindi gli schemi sono strutture conoscitive che guidano e organizzano l’elaborazione delle informazioni. Gli schemi di sé si costruiscono attraverso le interazioni con il mondo sociale, gli individui sviluppano una conoscenza generalizzata delle strutture che riguardano loro stessi. Questi elementi di conoscenza di sé guidano e organizzano l’elaborazione delle informazioni quando gli individui incontrano nuove situazioni. Ogni persona ha diversi schemi di sé che utilizza per interpretare le situazioni e questi schemi vengono conservati. Sembra esista una tendenza sistematica a prestare attenzione, a ricordare e a valutare le informazioni come veritiere se sono coerenti con lo schema che abbiamo di noi stessi. Gli schemi, dunque, guidano l’elaborazione delle informazioni e, nel fare ciò, generano la tendenza sistematica alla conferma di sé, quindi gli schemi favoriscono le esperienze che a loro volta confermano gli schemi.

Le motivazioni basate sul sé

Gli schemi di sé non forniscono solo informazioni da utilizzare nell’attività cognitiva, ma motivano le persone a elaborare le informazioni in modi particolari. I processi motivazionali quindi sono basati sul sé. Due motivazioni relative al sé sono state messe in risalto nella ricerca sulle cognizioni sociali e sulla personalità:

  • la valorizzzione del sé (self – enhancement);
  • la conferma del sé (self – verification);

E’ chiaro, anche solo a livello intuitivo, che le persone tendono sistematicamente a considerare se stesse sotto una luce positiva, che tende a sovrastimare l’immagine positiva di sé. Questi BIAS possono essere spiegati ipotizzando delle motivazioni per la valorizzazione di sé. Le persone però cercano la conferma anche quando hanno schemi negativi, cioé, una persona con uno schema negativo di sé cercherà informazioni e un feedback sociale che confermino gli schemi negativi di sé, trasformandosi in un certo senso nel proprio peggior nemico. Le persone prediligono le relazioni con persone che le considerano esattamente come loro considerano se stesse. In certe situazioni può accadere che determinati eventi della vita anche positivi possono essere negativi per la salute di una persona se entrano in conflitto con la concezione di sé poiché disturbano la propria identità, provocando anche malattie fisiche.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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La discrepanza tra le parti del sé

Carl Rogers individua nella discrepanza tra il concetto di sé e le esperienze attuali la causa della patologia psicologica. Altri autori hanno però approfondito le discrepanze tra le diverse parti del sé. In particolare lo psicologo E.T Higgins, ha analizzato la relazione tra gli aspetti del concetto di sé e l’esperienza emotiva. Il suo lavoro amplia il pensiero di Rogers differenziando due aspetti del proprio sé futuro. In aggiunta al sé ideale, che era stato riconosciuto da Rogers, Higgins suggerisce che ognuno possiede un sé del dovere, ovvero un aspetto del concetto di sé che si occupa dei doveri, delle responsabilità e degli obblighi. Il sé ideale al contrario si concentra sulle speranze personali, sulle ambizioni e sui desideri. Secondo la teoria di Higgins, le discrepanze tra il sé reale e il sé ideale generano emozioni collegate allo sconforto. Al contrario, le discrepanze tra il sé reale ed il sé del dovere dovrebbero condurre a emozioni correlate all’agitazione (paura, senso di minaccia ed ansia). Le persone con una maggiore discrepanza del sé sono più vulnerabili a esperienze emotive negative, in particolare le persone con una maggiore discrepanza tra il sé reale ed il sé ideale sono tendenti alla depressione, mentre le persone con una grande discrepanza tra il sé reale ed il sé del dovere sono tendenzialmente più ansiose.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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La Teoria della Personalità di Carl Rogers

Secondo Rogers, il Sé è un aspetto dell’esperienza fenomenologica, ossia un aspetto della nostra esperienza del mondo; in altri termini, una delle cose che completano la nostra esperienza conscia è l’idea che abbiamo di noi stessi, o di un “Sé”. L’individuo percepisce esperienze e oggetti esterni e attribuisce loro dei significati, il sistema globale dei significati e delle percezioni costituisce il campo fenomenico dell’individuo. Il sottoinsieme del campo fenomenico riconosciuto dall’individuo come “me” o “io” costituisce il sé. Il sé o concetto di sé, rappresenta un modello organizzato e coerente di percezione, è una struttura di personalità. Il sé rappresenta un insieme organizzato di percezioni che l’individuo possiede, che è responsabile delle sue azioni. La struttura di esperienze e percezioni, conosciuta come il sé, può avere accesso alla nostra coscienza, ossia, le persone sono consapevoli e coscienti di contenere percezioni del sé consce. Benché gli individui abbiano a volte esperienze delle quali sono inconsapevoli, il concetto di sé è fondamentalmente conscio. Il sé è uno strumento psicologico attraverso la quale le persone interpretavano il mondo. Rogers ha individuato due diversi aspetti del sé: un sé reale e un sé ideale. Le persone riflettono naturalmente su se stesse non solo nel presente, ma anche su come vorrebbero essere nel futuro. Generano in questo modo una struttura organizzata di percezioni che riguarda non solo il loro sé attuale, ma anche un sé ideale, al quale aspirano.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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La struttura della personalità seondo la teoria “cognitivo-sociale”

Le strutture della personalità messe in risalto dalla teoria cognitivo-sociale comprendono principalmente i processi cognitivi, strutturati in quattro concetti fondamentali:

  • le competenze e le abilità;
  • le aspettative e le convinzioni;
  • gli standard comportamentali;
  • gli obiettivi personali

Le competenze e le abilità.

Il primo tipo di struttura della personalità, nella teoria cognitivo sociale è costitutito dalla abilità, o competenze. L’ intuizione fondamentale della teoria è che le differenze che osserviamo tra le persone possono non essere causate solo dalle differenze degli impulsi motivazionali o delle emozioni, come invece affermano altre teorie. Al contrario, probabilmente tali differenze riflettono le diverse abilità degli individui nell’esecuzione di diversi tipi di azione. Alcuni individui, per esempio, agiscono in maniera introversa perché manca loro l’abilità sociale necessaria per mettere in atto azioni disinvolte e socialmente efficaci. Altri individui sono forse coscienziosi perché hanno acquisito vaste abilità cognitive che consentono loro di aderire alle norme sociali. Di particolare interesse per i teorici cognitivo-sociali, quindi, sono le competenze e le abilità cognitive impiegate nella soluzione dei problemi e nel far fronte alle sfide della vita. Le competenze comprendono sia i modi di pensare della vita sia le abilità comportamentali per mettere in atto le possibili soluzioni. Esse implicano due tipi di conoscenza: la conoscenza dichiarativa e la conoscenza procedurale. La conoscenza dichiarativa è una conoscenza che possiamo affermare a parole. La conoscenza procedurale si riferisce, invece, alle capacità comportamentali e cognitive che una persona possiede senza essere in grado di spiegare l’esatta natura di tali capacità; la persona può eseguire la procedura comportamentale senza riuscire a spiegare in che modo la mette in atto.

L’ attenzione per le competenze presenta due implicazioni.

  • La prima comprende la specificità del contesto. Il termine si riferisce al fatto che le strutture psicologiche importanti in determinate situazioni sociali, o contesti, possono essere irrilevanti per altri. Contesti diversi presentano sfide diverse che richiedono competenze ancora diverse. La teoria cognitivo-sociale rifiuta le variabili decontestualizzate, in particolare quando si parla di competenze cognitive.
  • La seconda implicazione riguarda il cambiamento psicologico. Le competenze vengono acquisite attraverso l’interazione sociale e l’osservazione del mondo sociale. Le persone a cui mancano certe abilità in un ambito particolare della vita possono cambiare. Possono impegnarsi in nuove interazioni e in nuove osservazioni del mondo e acquisire così nuove competenze.

Le convinzioni e le aspettative

Le altre tre strutture cognitivo-sociali prendono in considerazione tre modi diversi di cui dispongono le persone per riflettere sul mondo. In primo luogo vi sono le credenze su come è effettivamente il mondo e come probabilmente sarà in futuro. Definiamo tali “credenze” e, quando sono orientate al futuro, aspettative. Una seconda categoria di pensiero riguarda il come le cose dovrebbero essere. Questi pensieri sono standard di valutazione, ossia criteri mentali (o standard) per la valutazione della bontà o del valore degli eventi. Una terza categoria comprende i pensieri riguardanti ciò che si desidera conseguire in futuro. Questi pensieri sono chiamati obiettivi personali.

Le aspettative circa il futuro sono una determinante fondamentale delle nostre azioni ed emozioni. Gli individui hanno aspettative riguardanti temi come il probabile comportamento di altre persone, le ricompense o le punizioni che possono seguire un certo tipo di comportamento, o la propria abilità a gestire lo stress e le sfide. E’ questo sistema di pensieri riguardo il futuro che costituisce le aspettative della persona. Le persone sviluppano pattern idiosincratici di aspettative e di comportamento sociale. Secondo i teorici cognitivo-sociali, l’essenza della personalità sta in questi modi diversi in cui gli individui percepiscono le situazioni, sviluppano le aspettative sul futuro e mostrano pattern comportamentali diversi in conseguenza di queste aspettative e percezioni diverse. Questo focus sulle aspettative fa si che due persone diverse possono reagire in maniera diversa allo stesso ambiente. Le due persone possono sperimentare eventi ambientali simili e tuttavia sviluppare aspettative diverse circa quanto potrebbe accadere in futuro.

Gli standard di valutazione

Uno standard mentale è un criterio per valutare la bontà, o il valore, di una persona, un oggetto o un evento. Lo studio degli standard di valutazione riguarda i modi in cui le persone acquisiscono i criteri per valutare gli eventi e il modo in cui questi giudizi influenzano le loro emozioni e le loro azioni. Nella teoria cognitivo-sociale rivestono una particolare importanza gli standard di valutazione che riguardano il sé, o gli standard personali. Gli standard personali sono fondamentali per la motivazione e la prestazione. La teoria cognitivo-sociale riconosce che le persone solitamente giudicano il proprio comportamento in sintonia con i propri standard personali interiori. Gli standard di valutazione spesso stimolano risposte emotive, reagiamo con orgoglio quando soddisfiamo i nostri criteri per gli standard di prestazione e ci sentiamo inappagati quando invece non riusciamo nel nostro intento. Bandura si riferisce a queste emozioni con l’espressione di reazioni di autovalutazione. Valutiamo le nostre azioni e poi reagiamo emotivamente con soddisfazione o insoddisfazione nei nostri confronti in conseguenza di tale autovalutazione. Queste reazioni emotive costituiscono degli autorinforzi e hanno un ruolo importante nell’alimentare il comportamento per lunghi periodi di tempo, particolarmente in assenza di rinforzi esterni. Quindi attraverso tali risposte autovalutative che possono farci sentire soddisfatti o in colpa, possiamo ricompensarci da soli quando soddisfiamo gli standard e punirci quando li violiamo. Il distacco dagli standard di valutazione consente alle persone di compiere azioni che normalmente non compirebbero per via delle sanzioni interiorizzate.

Gli obiettivi

Gli obiettivi di una persona sono organizzati in un sistema, servono a sviluppare l’autocontrollo e guidare le nostre scelte. Ci permettono di superare le influenze del momento e di organizzare il nostro comportamento in un arco di tempo ampio.

Tratto da: La scienza della personalità di Cervone e Pervin

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Albert Bandura: il determinismo reciproco

Il concetto di “determinismo reciproco” di A. Bandura si riferisce al tema della causa-ed-effetto nello studio dei processi di personalità. Quando si analizza il comportamento di una persona, generalmente si devono considerare tre fattori: la persona, il suo comportamento e il contesto ambientale in cui la persona agisce.  Il principio di Bandura del determinismo reciproco, quindi, sostiene che la personalità, il comportamento e l’ambiente devono essere compresi come un sistema di forze che si influenzano reciprocamente nel corso del tempo. Per comprendere questo principio Bandura espone il seguente esempio: “immaginiamo di conversare con una persona che troviamo attraente, forse sorridiamo, ci mostriamo solleciti. e cerchiamo di orientare la conversazione in modo tale che l’interlocutore abbia una buona impressione di noi. Ora, dalla prospettiva dello scienziato della personalità come dobbiamo intendere la causalità in questa conversazione? Quali sono le cause e quali gli effetti? Per un certo verso, si può affermare che è l’ambiente a causare il nostro comportamento. La seduzione fisica e sociale del nostro interlocutore ci induce ad agire in un certo modo. Non è un’osservazione sbagliata; eppure è insufficiente. Noi interpretiamo l’ambiente e le nostre specifiche interpretazioni sono influenzate dalle nostre emozioni e convinzioni, vale a dire, dalle nostre caratteristiche di personalità. Inoltre, la nostra capacità di fare una buona impressione dipende dalle nostre abilità sociali, un’altra caratteristica di personalità. In aggiunta, il nostro comportamento modifica l’ambiente che sperimentiamo. Se siamo capaci di fare una buona impressione, il nostro interlocutore sarà meglio disposto nei nostri confronti, proverà interesse per noi, sorriderà, sarà più attento. In altri termini per il tramite delle nostre azioni, potremo creare un ambiente sociale più favorevole. Infine, se abbiamo successo, il nostro comportamento riuscirà a modificare il nostro stato d’animo e l’idea che abbiamo di noi stessi, riuscirà dunque ad influenzare la nostra stessa personalità. E’ inutile isolare un fattore come “causa” e l’altro come “effetto” in un sistema di questo tipo. Al contrario, la personalità, il comportamento e l’ambiente devono essere intesi come fattori che si determinano reciprocamente”. Le persone rispondono alle situazioni ambientali, ma scelgono anche come comportarsi. La persona risponde alle situazioni e al contempo le costruisce e le influenza attivamente, sceglie le situazioni, ma allo stesso tempo viene da esse modellata. I teorici cognitivo-sociali ritengono che la capacità di scegliere il tipo di situazione rappresenti un elemento cruciale della capacità dell’individuo di essere agente attivo in grado di influenzare il corso del proprio sviluppo.

Tratto da: ” La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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GEORGE A. KELLY: LA TEORIA DEI COSTRUTTI PERSONALI

La variabile strutturale di base nella teoria della personalità di Kelly è il costrutto personale. Un costrutto è un elemento della conoscenza. E’ un concetto che l’individuo usa per interpretare, o costruire, il mondo. Le persone usano i costrutti per categorizzare gli eventi. Non è un atto che si compie necessariamente in maniera consapevole; le persone non dicono tra sé “Penso che adesso userò un costrutto”. E’ una cosa che accade automaticamente. Quando sperimentiamo un evento cerchiamo di attribuirgli un senso, e per fare questo dobbiamo usare gli elementi di conoscenza che disponiamo. Nel linguaggio di Kelly, utilizziamo un costrutto personale. L’ idea fondamentale della teoria di Kelly è che le persone anticipano gli eventi usando gli schemi e le regolarità. Le persone notano che alcuni eventi condividono determinate caratteristiche che li distinguono da altri. Individuano analogie e differenze. Senza i costrutti, la vita sarebbe caotica, non saremmo in grado di organizzare il nostro mondo, di descrivere e classificare gli eventi, gli oggetti e le persone. Secondo Kelly, sono necessari almeno tre elementi per formare un costrutto, due di essi devono essere percepiti come elementi simili tra loro, e il terzo elemento deve essere percepito come elemento diverso dai primi due. Il modo in cui i due elementi sono costruiti come simili forma il polo di somiglianza del costrutto, mentre il modo in cui essi sono contrapposti al terzo elemento ne forma il polo di contrasto. Per esempio, osservare due persone che stanno aiutando qualcuno e una terza che fa del male a qualcun altro può portare alla formazione del costrutto gentile-crudele, dove gentile è il polo di somiglianza e crudele il polo di contrasto. Per Kelly è importante riconoscere che un costrutto è prodotto da un confronto somiglianza-contrasto. Questo suggerisce che non si comprende la natura di un costrutto quando si usa solo il polo di somiglianza o solo il polo di contrasto. Un costrutto non è unidimensionale, poiché i poli di somiglianza e di contrasto sono modulati da molti punti. Attraverso l’uso di altri costrutti, quali i costrutti di quantità e qualità, vengono definiti i particolari e le sfumature nella costruzione di eventi. Per esempio il costrutto bianco-nero, in combinazione con un costrutto di quantità, porta alla scala di valore quadripartita di nero, quasi nero, quasi bianco, bianco. Secondo Kelly le persone rivelano aspetti della propria personalità nei costrutti che utilizzano per descrivere gli altri: “Non si può chiamare bastardo un’altra persona senza fare della condizione di bastardo anche una dimensione della propria vita” (Kelly, 1995).

Tratto da “La scienza della Personalità” di Cervone e Pervin

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Carl Rogers: intervista sul concetto di Empatia

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Aldo Carotenuto: il pensiero di Jung

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James Hillman: Intervista

 

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Carl Rogers: gli stati di incongruenza ed i processi difensivi

Le persone sperimentano a volte un’incongruenza tra il sé e l’esperienza, che suggerisce una fondamentale mancanza di coerenza del sé. Rogers ipotizza che l’angoscia sia il risultato di questa discrepanza. Per esempio, una persona che si ritiene incapace di odiare e improvvisamente sperimenta sentimenti di odio proverà ansia quando si renderà conto di tale incongruenza. Quando questo accade la persona  sarà motivata a difendere il sé e a intraprendere processi difensivi. A questo proposito, il lavoro di Rogers è simile a quello di Freud, secondo Rogers, tuttavia i processi difensivi non sono mobilitati dall’emergere delle pulsioni primitive dell’ES, ma salvaguardiano la perdita di un senso del sé coerente ed integrato. Secondo Rogers, quindi, quando percepiamo come minacciosa un’esperienza perché è in conflitto con il nostro concetto di sé, talvolta non permettiamo che tale esperienza arrivi a livello conscio. Attraverso un processo denominato subcezione, possiamo essere consapevoli di un’esperienza discrepante  con il concetto di sé prima che questa raggiunga la coscienza. La risposta alla minaccia costituita dal riconoscimento di esperienza in conflitto con il sé è rappresentata dalla difesa. Così, reagiamo con la difesa e cerchiamo di negare la consapevolezza di esperienze percepite confusamente come incongruenti rispetto alla struttura del sé.

La distorsione del significato dell’esperienza e la negazione dell’esistenza dell’esperienza sono due processi difensivi. La negazione serve a difendere la struttura del sé dalla minaccia negandone l’espressione cosciente. La distorsione, un fenomeno più comune, rende possibile la consapevolezza dell’esperienza in una forma che la rende coerente con il sé.

Il bisogno di considerazione positiva

Gli individui tendono generalmente ad agire in accordo con il concetto che hanno di sé stessi e che le esperienze incoerenti con tale concetto vengono spesso ignorate o negate. Il motivo secondo Rogers è da ricercare nel fatto che tutte le persone hanno un bisogno psicologico di base: il bisogno di considerazione positiva. Questo bisogno esercita un effetto importante sul funzionamento della personalità, in effetti è forte a tal punto da riuscire a distogliere l’attenzione dalle esperienze che contano per la persona. L’ espressione della considerazione positiva da parte di un altro soggetto socialmente significativo può diventare tanto irresistibile, da indurre il soggetto a sintonizzarsi più con la “considerazione positiva altrui che con le esperienze che potrebbero invece essere valide e positive per la realizzazione di se stesso. E’ possibile dunque che le persone perdano il contatto con i propri sentimenti autentici e i propri valori nello sforzo di perseguire la considerazione positiva da parte degli altri. In questo modo, una persona può sviluppare quei sentimenti di separazione dal proprio sé autentico. Ricercando la considerazione positiva da parte degli altri, le persone trascurano o talvolta distorcono le esperienze dei propri sentimenti e desideri interiori.

Il bisogno di considerazione positiva è particolarmente importante per lo sviluppo infantile. Il bambino ha bisogno dell’amore, dell’affetto e della protezione dei genitori. I genitori forniscono al bambino informazioni su ciò che è buono, vale a dire ciò che verrà considerato positivamente. Una questione fondamentale riguarda il fatto che la considerazione positiva dei genitori sia incondizionata, ossia che mostrino di rispettare e apprezzare il bambino senza condizioni.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

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Carl Rogers e la sua Teoria Fenomenologica

INTRODUZIONE

La teoria di Rogers si fonda su una comprensione profonda e significativa della condizione umana. Nella nostra vita quotidiana, siamo convinti di sperimentare un mondo oggettivo e reale, quando assistiamo ad un evento, crediamo che sia proprio come lo abbiamo visto. Quando raccontiamo ad altri quello che ci è accaduto durante il giorno, siamo convinti di comunicare loro quanto è realmente accaduto. Rogers afferma “Non reagisco a una realtà assoluta, ma alla mia percezione di tale realtàil campo fenomenico”. Questo campo fenomenico, lo spazio delle percezioni che costituisce la nostra esperienza, è una condizione soggettiva. L’individuo costruisce questo mondo interiore delle esperienze, la sua costruzione rispecchia non solo il mondo esterno della realtà, ma anche il mondo interiore dei bisogni, degli obiettivi e delle credenze personali. I bisogni psicologici interiori modellano le esperienze soggettive che noi interpretiamo come reali ed oggettive. Ad esempio, se un bambino coglie lo sguardo arrabbiato della mamma o se una persona osserva un’espressione delusa negli occhi del partner, queste emozioni, la rabbia e la delusione, rappresentano la realtà che viene sperimentata. Eppure questa realtà potrebbe essere errata. I bisogni personali (essere accettati dalla madre, essere attraenti per il partner) possono indurci a percepire nell’altro la rabbia o la delusione. Tuttavia, le persone di solito non riescono a riconoscere l’influenza dei bisogni interiori sulla percezione del mondo esterno. L’esperienza del soggetto corrisponde alla sua realtà. Il nostro atto di vedere non è una registrazione oggettiva del mondo reale, ma una costruzione soggettiva che rispecchia i nostri bisogni personali.

I SENTIMENTI DI AUTENTICITA’

La concezione di base della persona nella teoria di Rogers è definita da due aspetti ulteriori della soggettività. Il primo riguarda il fatto che gli individui siano soggetti a una forma particolare di malessere psicologico: un sentimento di alienazione o di separazione, la sensazione che le proprie esperienze e le attività quotidiane non abbiano origine nel proprio sé autentico. Questi sentimenti emergono perché abbiamo bisogno dell’approvazione degli altri, e diciamo a noi stessi che i loro desideri e i loro valori sono anche i nostri. Ad esempio un adulto può convincersi che sia una buona scelta intraprendere una carriera professionale e adottare uno stile di vita tradizionale, anche se vorrebbe sentirsi libero di fare scelte indipendenti. Quando questo accade, l’individuo pensa di essere attaccato ai propri valori, ma non lo sente veramente. Le reazioni primarie sensoriali e viscerali vengono ignorate e l’individuo si mette su una strada che più tardi gli farà dire “non conosco veramente me stesso”. L’ idea di Rogers degli aspetti intenzionali/ponderati e degli aspetti istintivi/viscerali dell’organismo si discosti da quella di Freud. Secondo Freud, le reazioni viscerali corrispondevano a impulsi animali che dovevano essere tenuti a freno dall’IO e dal Super-IO civilizzati. Distorcere e negare questi impulsi faceva parte del funzionamento normale e sano della personalità. Secondo Rogers, invece, queste reazioni istintive e viscerali sono una potenziale fonte di saggezza. L’individuo che sperimenta apertamente la gamma completa delle sue emozioni, che “accetterà e assimilerà” tutte le relative esperienze sensoriali vissute dall’organismo” è psicologicamente equilibrato. I conflitti tra l’elemento istintivo e quello razionale della mente non sono una caratteristica immutabile della condizione umana nella concezione di Rogers. Le persone, invece del conflitto, possono sperimentare un senso di coerenza e vivere una condizione in cui le loro esperienze consce e i loro obiettivi siano in linea con i loro valori interiori viscerali.

Il sé

Secondo Rogers, il sé è un aspetto dell’esperienza fenomenologica. Ossia un aspetto della nostra esperienza del mondo, in altri termini, una delle cose che completano la nostra esperienza conscia è l’idea che abbiamo di noi stessi, o di un sé. In termini più formali, secondo Rogers, l’individuo percepisce esperienze e oggetti esterni e attribuisce loro dei significati. Il sistema globale dei significati e delle percezioni costituisce il campo fenomenico dell’individuo. Il sottoinsieme del campo fenomenico riconosciuto dall’individuo “me” o “io” costituisce il sé. Il sé, o concetto di sé, rappresenta un modello organizzato e coerente di percezione. Secondo Rogers esistono due aspetti del sé: un sé reale e un sé ideale.  Secondo Rogers le persone riflettono naturalmente su se stesse non solo nel presente, ma anche come vorrebbero essere nel futuro. Generano in questo modo una struttura organizzata di percezioni che riguarda non solo il loro sé attuale, ma anche un sé ideale, al quale aspirano. Il sé ideale, quindi, è il concetto di sé che una persona vorrebbe avere. Comprende le percezioni e i significati che rientrano potenzialmente nell’area del sé e che sono altamente apprezzati dall’individuo. Rogers riconosce quindi che il concetto che abbiamo di noi stessi contiene due componenti separate: il sé attuale, come crediamo di essere ora, e il sé ideale, come pensiamo di diventare in futuro. IL Sé  E’ UNA STRUTTURA PSICOLOGICA CON LA QUALE LE PERSONE INTERPRETANO IL MONDO.

LA COERENZA DEL  “SE’ ” E LA CONGRUENZA

Il concetto di coerenza del sé  sottolinea il fatto che  l’organismo non cerca di raggiungere il piacere e di evitare il dolore; cerca invece di conservare la propria struttura. L’individuo sviluppa un sistema di valori al cui centro si trova l’autovalutazione. Le persone organizzano valori e funzioni in difesa del proprio sistema, si comportano in modi coerenti con il loro concetto di sé, anche se tale comportamento non è conveniente per altri versi. Oltre alla coerenza del sé, Rogers ha dato rilievo alla congruenza tra il sé e l’esperienza, ovvero tra ciò che la persona prova e come vede sé stesso. Per esempio, se un individuo si considera gentile e capace di empatia nei confronti degli altri, ma in una data occasione si percepisce invece freddo e poco empatico, si trova ad affrontare un’incongruenza tra il suo senso di sé e la sua esperienza. Se una persona si considera tranquilla, ma improvvisamente si trova ad agire in modo esuberante, può avere l’impressione di essersi comportata in modo che non le appartiene.

Tratto da “La scienza della personalità” di Cervone e Pervin

 

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La teoria della nevrosi di Karen Horney

Secondo la sua teoria sulla nevrosi, nella persona nevrotica si verifica un conflitto fra tre modi di rispondere all’angoscia originaria degli individui cioè,  la sensazione, tipica del bambino, di sentirsi isolato e impotente in un mondo potenzialmente ostile. Questi tre modelli, o tendenze nevrotiche, sono definiti con le espressioni:

  1. ricercare gli altri;
  2. entrare in conflitto con gli altri;
  3. allontanarsi dagli altri;

Questi tre pattern sono caratterizzati da rigidità e dalla mancata realizzazione delle potenzialità individuali, l’essenza di tutte le nevrosi.

RICERCARE GLI ALTRI: la persona cerca di affrontare l’angoscia esprimendo un bisogno eccessivo di essere accolta, desiderata e approvata. Una persona di questo tipo accetta un ruolo dipendente nei confronti degli altri e diventa altruista, disinteressata, disposta al sacrificio mantenendo però illimitato desiderio di affetto.

ENTRARE IN CONFLITTO CON GLI ALTRI:  la persona ipotizza che tutti siano ostili e che la vita sia una lotta contro tutti. Il funzionamento di un individuo di questo genere è totalmente diretto a negare di avere bisogno degli altri e a presentare se stesso come una persona dura e forte.

ALLONTANARSI DAGLI ALTRI: l’individuo si isola dagli altri, in un distacco nevrotico. Queste persone spesso guardano se stesse con distacco emotivo in modo da non rimanere emotivamente coinvolte.

Tratto da: La Scienza della personalità, D. Cervone – L.A. Pervin